“Finire boicottati solo per aver ideato un serial a tematica gay? No, non è una bella sensazione. Ognuno è libero di esprimere la propria opinione a riguardo, ma certo che rabbia i fanatismi organizzati mossi da chissà quale pregiudizio. Prima occorrerebbe guardare, poi giudicare. Comunque farà bene alla mia immagine, ne sono sicuro. A scanso di equivoci, nel mio show, le mamme ‘portatrici di insulti omofobi’ saranno ben rappresentate dall’attrice Ellen Barkin”. A parlare è un agitato Ryan Murphy, ideatore e produttore esecutivo di “The New Normal”.
Ha appena saputo che l’affiliata di NBC di Salt Lake City non manderà in onda la sua trasmissione. La nuova gay comedy, “on air” a partire dall’11 settembre, è già stata bersaglio del ceppo conservatore di Un milione di mamme, sostenute dal network KSL-TV dello stato dello Utah (sede della Chiesa mormone) che ha boicottato la serie.
Già, la famiglia gay, descritta senza troppi filtri da Murphy, fa paura. E’ quasi confortante sapere che in televisione, oggigiorno, vi sia ancora qualcosa che muove le coscienze, che spaventi le masse, al punto da essere oscurato. In “The New Normal” i protagonisti, David (Justin Bartha) e Bryan (Andrew Rannells), tentano di avere un figlio da Goldie (Georgia King), madre surrogato. Ma non potranno sottrarsi al giudizio sommario di Jane (la Barkin), nonna intransigente e, va da sé, omofoba.
Di adozioni e affidamenti gay la televisione straniera ha parlato di recente con i Cameron e Mitchell di “Modern Family”, senza contare, quasi dieci anni fa, il caso di “Dawson’s Creek”, quando lo sceriffo locale decide di crescere con il proprio compagno la figlia di un’amica appena scomparsa. I due si baciano in spiaggia, con accanto la bimba seduta nel passeggino. Passa una coppia di anziani sulla battigia, intenta a fare jogging. Scrutano i due uomini bocca a bocca e, sorridenti, esclamano: “Oh cari, è bellissimo!”. Ma ci sono anche isole felici come “Brothers and Sisters” e “Six Feet Under”.
Nel nostro paese, abbiamo il caso de “Il padre delle spose” con Lino Banfi alle prese con la figlia lesbica nel profondo Sud, ed il percorso di accettazione dell’omosessualità nella serie “Mio figlio” (e il suo seguito, “Io e mio figlio”) con Lando Buzzanca nei panni di un commissario e padre di un figlio poliziotto gay. Niente adozioni all’orizzonte, comunque: l’Italia televisiva tocca le corde omosessuali della famiglia popolare ma mai fino in fondo, e si ha sempre l’impressione che quell’inclinazione naturale sia solo un groviglio di tormenti. Mancano storie in cui l’omosessualità sia vissuta soprattutto come un’esperienza serena, basata sull’amore o sul disamore tipici di qualsiasi identità di genere e sessuale.
La concezione di famiglia cambia nella quotidianità e così il piccolo schermo, in silenzio o lentamente, magari ancora solo in qualche parte del mondo, tenta di prenderne atto. Forse Murphy ha accelerato i tempi, proponendo uno show interamente dedicato al tema delle adozioni da parte di persone dello stesso sesso. “Non scherziamo. Non siamo soltanto io e il mio compagno a parlare di madri surrogate, a desiderare un figlio nostro. Ci conosciamo da quindici anni, stiamo insieme da due, ma sono già quattro anni che parliamo di avere un figlio, prima come amici ora come amanti. Quando ho scritto il copione di The New Normal, non ho mai messo da parte il pensiero di quanto sia complicato essere una coppia gay in cerca di un figlio da crescere. Ho apprezzato Modern Family così come Will & Grace: grazie a queste trasmissioni l’opinione pubblica ha cambiato testa, si è irrobustita; li reputo dei programmi fantastici”.
Murphy, dopo aver incensato in pubblico la popstar Madonna, si è anche esposto politicamente per il fund-raising del presidente Obama, nel momento dell’endorsement pro-matrimoni gay. “In realtà io ho sempre appoggiato Obama. Ellen Barkin, nel telefilm, interpreta sicuramente una repubblicana al seguito di Mitt Romney, una che scaccia da sé l’idea di una famiglia gay. A proposito di Ellen, su Twitter si è dimostrata coraggiosa ad attaccare KSL-TV, difendendo i diritti dei gay e di tutti gli spettatori. Ha persino citato John Lennon”.
Murphy ha sulle spalle ben altri due show di successo: “Glee” e “American Horror Story”. Conciliare corazzate del genere (più l’acclamato “Nip/Tuck”) non è semplice, ci spiega. “La quarta stagione di Glee traboccherà di nuove, inattese direzioni artistiche. E American Horror Story, che si compone di 13 episodi per la stagione due, è energia pura. In ogni mia serie tv si parla di famiglie non comuni, disfunzionali, che difendono il proprio diritto, allo studio, all’uguaglianza, all’abitare il luogo che si ama. Con Ali Adler, quando abbiamo scritto The New Normal, ce lo siamo ripetuti più volte: dobbiamo essere veri, autentici, crudi. Per questa ragione il personaggio della madre surrogato, in The New Normal, non è proprio l’oggetto candido che ti aspetti. E’ una donna ambiziosa, tradita dal marito, con una bambina a carico. La vita è così: in Italia, in America, ovunque. Non ci sono fantasmi da temere. Fa molta più paura l’orrore della vita vera. Ed è quello che intendo raccontare io, sia che si tratti di fantastico che sotto forma di commedia”.
E dopo il piccolo schermo, Ryan Murphy si dedicherà a due nuovi progetti già sotto i riflettori dei media. A due anni di distanza da “Mangia, prega, ama”, l’autore torna al lungometraggio con “The Normal Heart“, adattamento della pièce teatrale di Larry Kramer, scritta nel periodo del contagio da virus HIV nella New York 1985. Produce Brad Pitt, nel cast già arruolati Mark Ruffalo, Julia Roberts, Alec Baldwin, Jim Parsons, Matt Bomer. Ci sarà del tempo anche per dirigere un musical: “One Hit Wonders”, interpretato dall’affezionata amica Gwyneth Paltrow, insieme a Reese Witherspoon, Cameron Diaz, Beyonce e al comico del Saturday Night Live, Andy Samberg. All’appello, anche un tocco “sci-fi”: secondo Variety, Murphy starebbe pianificando un film di fantascienza in compagnia di Brian Miller, sceneggiatore di “Apollo 18”, sfortunato “fake-documentary” la cui distribuzione è stata rinviata ben sei volte nell’arco di un solo anno.